Bologna : Articolo Uno ci parla di scuola

Il Coordinamento provinciale di Articolo Uno Bologna trasmette il documento approvato sull’inizio del nuovo anno scolastico

Come sottolineato dal Ministro alla salute Roberto Speranza la priorità assoluta è la sicurezza degli studenti e di tutti gli operatori scolastici. Questo deve essere il principio guida su cui fare ripartire correttamente tutto il sistema scolastico. Riaprire gli edifici scolastici non è solo un fatto tecnico o burocratico, è un fatto di grande rilievo sociale.

Tutti gli anni, l’apertura delle scuole, rappresentano un momento di gioia, di aspettative, come una nuova primavera in cui sbocceranno nuovi fiori e nuovi frutti.

L’inizio è però anche fatto di preoccupazioni che giustamente sono legittime. Alcune di queste, riguardano il sistema scolastico nel suo insieme, fatto di strutture non sempre e non ovunque adeguate, di personale scolastico sufficiente ad una corretta e puntuale risposta educativa, a progetti e programmi formativi in grado di valorizzare al meglio questa importantissima risorsa che si chiama Scuola.

Quest’anno si aggiunge una preoccupazione ulteriore, proprio a causa dell’emergenza Covid 19, che necessita di un requisito fondamentale: la sicurezza degli studenti e di tutti gli operatori scolastici.

I dirigenti scolastici in Italia sono quasi 8.000. Altrettanti i direttori amministrativi. Così come gli edifici scolastici.370.000 le classi.Circa 7 milioni e settecento mila gli studenti (900.000 nella scuola dell’infanzia; 2.500.000 nella scuola primaria; 1.600.000 la secondaria di primo grado; 2.600.000 la secondaria di secondo grado). Quasi 1.300.000 frequentano un Liceo, 820.000 un Tecnico, 510.000 un Professionale. Più 880.000 studenti delle scuole paritarie. Circa 840.000 gli studenti con cittadinanza non italiana. Circa 250.000 circa gli studenti con disabilità.Più 835.000 i docenti,di cui 150.600 per il sostegno.Più 203.400collaboratori scolastici, assistenti tecnici, amministrativi.

Nonostante quel che si racconta la scuola italiana non ha chiuso. Durante il Lockdown, a causa dell’emergenza epidemiologica, ha proseguito la sua missione educativa, tra mille difficoltà, grazie al personale docente e non docente, agli studenti e alle famiglie.

Le diseguaglianze c’erano già prima, ma durante la chiusura per emergenza sanitaria si sono gravemente ampliate. Diverse indagini svolte in tutta Italia dimostrano che, nonostante lo sforzo encomiabile del corpo docente, la didattica a distanza ha comportato ulteriori fatiche a carico delle famiglie e una quota rilevante di studenti non è stata raggiunta.

Già prima della pandemia erano necessarie e (a maggior ragione) lo sono quindi adesso, dopo la sua fase più acuta, politiche pubbliche orientate verso:

– il contrasto alla dispersione;

– lo sviluppo dell’inclusione, in relazione alla diversabilità, ai disturbi specifici di apprendimento, ai bisogni educativi speciali, in ordine al disagio sociale e culturale;

– la diffusione della competenza digitale;

– il superamento dell’insegnamento trasmissivo e frontale a favore di esperienze didattiche capaci di rendere gli studenti protagonisti del processo di apprendimento;

– la crescita dei valori costituzionali e di cittadinanza, anche grazie all’introduzione di Educazione civica.

Riaprire gli edifici scolastici non è solo un fatto tecnico o burocratico, è un fatto di grande rilievo sociale.

Non si tratta solo di spostare dei banchi.

La ripartenza non può essere un tornare a prima, deve portare il segno di una svolta.

È questa svolta che ancora non si vede.

Otto milioni e mezzo di bambine e bambini, ragazze e ragazzi, dal 14 settembre, dopo 6 mesi di lontananza, non devono sentirsi ospiti, ma a casa propria. La scuola deve essere ancora più accogliente di prima. Occorrono risorse ma non solo: idee, progetti, visione strategica.

È stato un errore non impostare già a maggio un organico del personale docente e non docente in grado di far fronte alle necessità, per ritrovarsi in affanno a poche settimane dal primo di settembre.

Altrettanto sbagliato mettere salute ed economia in contrasto: il Paese non si rimette in cammino se il lavoro non torna ad essere al centro, insieme al rispetto delle regole, perché sia svolto in un contesto di salute e sicurezza.

le raccomandazioni di Beatrice

Da Bologna è partita la mobilitazione dei genitori, a Bologna l’appello dei presidenti dei Consigli di Istituto con lettere al Presidente Sergio Mattarella, al Presidente Giuseppe Conte, alla Ministra Lucia Azzolina. 700 rappresentanti dei genitori a Mattarella: “Sia garante sulla riapertura”.

Abbiamo appreso dello scioglimento, dal primo luglio, dell’Istituzione Educazione e Scuola (IES) “Giovanni Sedioli” e dell’Istituzione per l’inclusione sociale e comunitaria “Achille Ardigò e don Paolo Serra Zanetti”. I fatti si incaricheranno di dirci se, in questo momento, si è trattato di scelte giuste.

Per noi è utile tutto ciò che può nuovamente ritessere il filo della collaborazione tra scuola e Università. Un legame che proprio a Bologna ha contribuito ad accompagnare le riforme della scuola, dal tempo pieno ai decreti delegati.

Bisogna tornare a quello spirito rinnovandolo. A favore del successo formativo di ogni studente.

Bologna è anche la sua Università, una città nella città, ovvero due città che non sempre si parlano e si riconoscono reciprocamente, ciò che viene derubricato come “degrado” di alcune parti della zona universitaria non avrà soluzione sino a quando non si ricostituiranno le ragioni di un patto di convivenza e di comunità tra chi risiede e chi è qui per studiare.

In questa visione gli studenti sono stati spesso tacciati di rappresentare un “problema” quando, invece, in un’ottica finalmente diversa e innovativa, devono incominciare a rappresentare una “soluzione”. 

Stando agli ultimi dati UniBo, a Bologna sono presenti circa 55mila studenti (degli oltre 80mila immatricolati); poco meno del 50% viene da fuori regione. Questi numeri sono però pressoché inesistenti per il Comune poiché non è stato istituito alcun metodo di registrazione che permetta all’amministrazione di avere una panoramica in questo senso. 

I giovani fuorisede scelgono Bologna per studiare non solo per il livello della prestigiosa Università, ma anche per una città ormai universalmente riconosciuta come multietnica e accogliente. Il forte vincolo di appartenenza che spesso gli studenti universitari instaurano con la città di Bologna è però mitigato dall’assenza di una progettualità unitaria tra Università e città che li includa appieno nel tessuto cittadino; questo deficit porta inevitabilmente ad una spaccatura sociale che sfocia nel rischio di un contrasto con i residenti. 

I dati mostrano che in moltissimi casi Bologna non è solo una città di transito per gli studenti universitari ma, grazie alla sua qualità della vita, alla capacità di accoglienza, al livello di sviluppo economico e occupazionale, essa diventa il luogo in cui si decide di stabilirsi. Anche per questo è importante considerare gli studenti universitari una risorsa che alimenta un mercato territoriale del lavoro caratterizzato da elevate competenze.

I maggiori problemi riguardano sicuramente l’inserimento nelle liste locali per l’acquisizione del medico di medicina generale e gli alloggi, insufficienti, costosi, sovraffollati. Il welfare studentesco è di competenza dell’Università e della Regione e questo favorisce una sostanziale esclusione del Comune da tutti i programmi di servizi agli studenti. In questo senso gli universitari a Bologna rimangono tra color che son sospesi fra il sentirsi parte di una comunità bella e variegata, senza però esserne riconosciuti come parte integrante, senza essere inclusi e accolti nei suoi progetti e nei processi decisionali.

La proposta deve essere allora coraggiosa ed ambiziosa e deve mirare al pieno sviluppo di un piano per l’attribuzione agli studenti della cittadinanza studentesca. 

Un primo punto fermo per l’affermazione di una cittadinanza studentesca integrata alla comunità bolognese potrebbe essere l’elezione, da parte degli studenti, di alcuni propri rappresentanti nel Consiglio metropolitano.

Sul punto occorre vigilare affinché questa elezione non diventi immediatamente una seconda competizione fra i partiti o una seconda parte delle elezioni universitarie per le associazioni studentesche, ma che sia un momento di partecipazione e condivisione per gli studenti chiamati a scegliere i propri rappresentanti. 

Il progetto di cittadinanza studentesca integra poi il diritto ad elementi fondamentali per la piena integrazione nel tessuto cittadino come l’iscrizione presso il medico di famiglia e le forniture basilari per la raccolta differenziata (che a volte non sono fornite nelle case prese in locazione).

Altro passaggio rilevante per l’affermazione di una cittadinanza studentesca riguarda la questione affitti. È necessaria una mappatura degli alloggi tramite un registro e un garante per sancire un protocollo unificato fra proprietari e conduttori al fine di agevolare la locazione degli immobili da una parte (dunque sopperire alla carenza di alloggi) e garantire migliori condizioni all’interno delle strutture disponibili, fornendo un canale unico per le situazioni problematiche (come le discriminazioni nella fase di stipula del contratto che rappresentano una triste realtà ancora presente). 

L’emergenza Coronavirus in questo senso ha acuito le problematiche spingendo molti studenti a desistere dal trasferimento a Bologna o ad abbandonarla, spaventati dall’assenza di una infrastruttura capace di fornire certezze a livello economico e sociale in questo periodo di grande difficoltà per l’intero Paese. 

Bologna e la sua Università devono dunque unirsi, avere come collante gli studenti e i cittadini, sancire in tal mondo un nuovo patto per il futuro di una Bologna aperta e solidale e accogliente.

Infine, un accenno alla necessità di investire maggiormente, in una società che cambia velocemente e profondamente, su una formazione permanente e di qualità, per lavoratrici e lavoratori, attraverso il pieno coinvolgimento del mondo sindacale.

Così pure, occorre puntare con determinazione sulla ricerca, sia per favorire la transizione ecologica del sistema economico, sia per valorizzare le competenze e le strutture che a Bologna già esistono e operano.

Ecco, come Articolo Uno, continuiamo a sperare che la scuola nel suo insieme, dai zero-sei anni all’Università, diventi davvero il punto centrale di un programma di sviluppo del Paese, recuperando il tempo perso in riforme inutili e divisive, che hanno mortificato bambine/i, studentesse/studenti, insieme a tutto il personale che ogni giorno, all’interno di scuole e Università, si impegna per dare dignità al diritto all’apprendimento e allo studio.

MDG

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